I Promessi Sposi ( Capitolo I ) [letto in data 30 aprile al Ciao Rino club]
"Quel ramo del lago di Como,
che volge a mezzogiorno,
tra due catene non interrotte di monti,
tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli,
vien, quasi a un tratto, a ristringersi,
e a prender corso e figura di fiume..."
che volge a mezzogiorno,
tra due catene non interrotte di monti,
tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli,
vien, quasi a un tratto, a ristringersi,
e a prender corso e figura di fiume..."
La sera del 7 novembre del 1628, Don Abbondio, il curato di un paese non
precisato, passeggia per una di quelle stradicciole, come d'abitudine,
leggendo il breviario. Viene introdotto in tal modo il primo personaggio
(le interruzioni della lettura del breviario, i ciottoli
allontanati con un calcio). Di lui sapremo solo qualche riga dopo cha ha
superato i sessant'anni ed nei capitoli successivi che ha occhi grigi e
due grandi baffi.
La descrizione viene interrotta per dare subito inizio all'inizio del
dramma, ponendo termine alla situazione statica iniziale ed avviando il
raconto. Lร dove si biforca il sentiero presso un vecchio tabernacolo
-dove non a caso รจ ingenuamente dipinta l'immagine del purgatorio- don
Abbondio scorge due bravi in attesa. La biforcazione, viene scelto
dall'autore in funzione simbolica e va interpretato come momento della
decisione. excursus sui bravi
della storia, destinato a determinare tutta la tragedia del racconto; una rapida descrizione che mette in evidenza i gesti oziosi e abitudinari
della storia, destinato a determinare tutta la tragedia del racconto; una rapida descrizione che mette in evidenza i gesti oziosi e abitudinari
Il racconto lascia posto ad un ampio excursus storico sui bravi
(sgherri
al servizio di un signore), con la citazione di una serie di gride
(ovvero ordinanze) emesse dai governatori spagnoli dal 1583 al 1632. La
trascrizione dei passi delle gride circa la presenza dei bravi e
l'inutile determinazione ad eliminarli, vengono commentati ironicamente
dal narratore che sottolinea un giudizio ricorrente all'interno del
romanzo: l'impotenza del potere legale di fronte alla delinquenza, sia
esso in connivenza, indifferenza o incapacitร . Uno "squarcio autentico"
di storia, tanto frequenti all'interno del romanzo, che anzichรฉ quastare
sul piรน bello il racconto, costituiscono un utilissimo intermezzo per
meglio preparare il lettore a comrpendere tutta la narrazione. Si ritorna alla vicenda riportando l'attenzione su don Abbondio che si
accorge di essere proprio la persona che i due bravi attendono; dopo
aver cercato disperatamente e comunicamentente una impossibile via di
fuga. Don Abbondio, lo vediamo nella sua vera essenza: un uomo schiavo
della paura, uno che la paura rende ridicolo ed egoista. I due bravi
accolgono don Abbondio con un messaggio chiarissimo, pur nell'oscuritร
delle minacce che sottintende: con atteggiamento minaccioso, un bravo
intima al curato di non celebrare il matrimonio tra Renzo Tramaglino e
Lucia Mondella (questo matrimonio non s'ha da fare, nรฉ domani nรฉ mai).
La determinazione di don Abbondio di evitare l'imposizione dei bravi,
crolla ben presto di fronte alla bestemmie, all'ironico ossequio dei due
bravi alle superiori capacitร del curato ed alla rivelazione indiretta
del nome del mandante: l'illustrissimo signor don Rodrigo. A quel nome
non resta per don Abbondio che ubbidire: "disposto, disposto sempre
all'obbedienza". Allontanatosi dai bravi, i pensieri del parroco si
fanno tormentosamente caorici e crudelmente ingiusti arrivando ad
accusare quei ragazzacci Renzo e Lucia per i guai in cui l'hanno
cacciato; residuo di coscienza che non puรฒ essere mai del tutto
dimenticata, si fa in lui strada la rabbia contro Don Rodrigo. Il Manzoni, mette in pausa l'azione e presenta un rapido quadro della
societร del Seicento, con le sue sopraffazioni e violenze. In quella
societร don Abbondio si era trovato come un vaso di terra cotta
costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro, la scelta del
sacerdozio era stata presa per puro calcolo ed interesse; da prete
sarebbe stato sempre riverito e avrebbe avuto di che vivere. Ed era
rimasto calcolatore per tutta la vita, scansando qualunque contraso o se
proprio doveva per forza schierarsi, schierandosi con il piรน forte. Ma
all'improvviso questo sistema di pacifica convivenza si รจ dissolto per
sempre. Uno stupendo soliloquio fa avvertire la disperazione dell'uomo,
stanco e disperato mentre si incammina verso la canonica.
Arrivato a casa, viene introdotto il personaggio di Perpetua; il
ritratto di quest'ultima รจ tracciato rapidamente, descritta dal
narratore come affettuosa e fedele serva del curato mentre il punto di
vista di don Abbondio e della stessa perpetua, mette in luce il suo
carattere bisbetico e le controverse ragioni del suo nubilato. Perfetta
contrapposizione morale ed artistico di don Abbondio: complicato e
dubbioso lui, semplice ed impulsiva lei. Il loro dialogo viene descritto
con grande vivacita e realismo. La soluzione che propone: informare il
cardinale Federigo Borromeo per averne aiuto contro don Rodrigo. Il
parroco in cima alle scale e con il lume in mano, respinge il consiglio
di Perpetua; mette il dito in bocca, esclama "Per amor del cielo!"
terrorizzato dell'imminente reazione di don Rodrigo. Don Abbondio, prima
vittima del sopruso, sta per mettersi come sempre al fianco del piรน
forte contro i piรน deboli. La notte che il curato andrร a passare sarร tra le piu inqieti della sua vita...